La pratica della maternità surrogata in Italia è stata definita come un reato perseguibile per i cittadini, anche all’estero.
Se il tema della maternità surrogata è un punto cruciale sul tavolo del governo italiano, anche a livello europeo adesso viene tirato in ballo. La Corte europea dei diritti umani, infatti, ha rigettato alcuni ricorsi da parte di coppie che condannano il Paese per le ultime decisioni prese.
I ricorsi delle coppie contro l’Italia
Alcune coppie, sia omosessuali che eterosessuali, hanno fatto ricorso contro l’Italia chiedendo di condannare il Paese perché non permette di trascrivere all’anagrafe gli atti di nascita legalmente riconosciuti all’estero per bambini nati usando la maternità surrogata.
La Corte europea dei diritti umani ha dichiarato inammissibili la serie di ricorsi giunti contro il Paese, spiegandone le motivazioni: “Il desiderio delle coppie di veder riconosciuto un legame tra i bambini e i loro genitori intenzionali, non si è scontrato con un’impossibilità generale e assoluta”.
Come spiegano i giudici di Strasburgo, infatti, le coppie “avevano a disposizione l’opzione dell’adozione e non l’avevano utilizzata”.
Maternità surrogata: “Reato universale”
Lo scorso 31 maggio 2023, la commissione Giustizia della Camera ha approvato una modifica, proposta dalle forze di centrodestra, che limita la punibilità del reato ai soli cittadini italiani, i quali potranno essere perseguiti (anche all’estero) se ricorreranno alla pratica.
La gestazione del cosiddetto “utero in affitto” viene dichiarata dal governo Meloni come reato universale, cioè perseguibile anche se commesso all’estero. La pratica è già vietata in Italia, ma il divieto della maggioranza la vuole estendere con pene più pesanti, penalizzando solo i cittadini italiani.